Come possiamo vedere un futuro roseo se ogni anno i buoni propositi vengono dimenticati per tornare alla routine pochi giorni dopo le feste?
Voglio parlare di speranza, quando vedi i volti sorridenti di ragazzi che, anche senza lavoro, sono felici di quel che hanno, allora capisci che è importante non smettere di crederci.
Chi sono questi matti che sorridono senza un lavoro o con solo pochi risparmi?
Sono io… sei tu, è lei… è lui.
Siamo quelle persone che riescono a vedere un futuro alternativo, che nonostante i periodi neri della vita, quei momenti non propriamente fortunati, riusciamo a vedere in fondo al tunnel.
La luce e il panorama che si prospetta vale l’attesa.
Per arrivarci serve l’aiuto di chi ci è intorno. Servono esperienze fuori dalla nostra zona di comfort, serve avere immaginazione e tanta forza di volontà.
Si pensa che se non hai un lavoro, o non uno convenzionale, non puoi stare bene. Voglio raccontarti una storia che dimostra il contrario.
Iniziamo con una premessa:
Era Novembre.
Un mese che, per me, inizia con un velo d’ansia ed entusiasmo, con l’avvicinarsi del compleanno si pensa al anno che è passato e a quello che arriverà.
Un anno più grande, un anno in più di vita.
Quest’anno decisi di regalarmi un viaggio, per lavorare su di me e sui mille progetti che mi passano, perennemente, per la mente.
Arrivai a Parigi da sola, per la prima volta davvero sola, nessun amico, nessun parente ad aspettarmi, solo io e un piccolo appartamento.
Non andai per fare la turista, avevo bisogno di tempo per lavorare in tranquillità, il mio obiettivo primario era conoscere una realtà nata da qualche mese in una cittadina in Bretagna.
A nord ovest della Francia, vicino al mare, a tre ore di treno dalla capitale francese, c’è Saint-Brieuc.
In questa pittoresca cittadina sta nascendo un villaggio di tiny houses.
Grazie ad internet, la rete che ci connette con tutto il mondo, scambiai qualche messaggio con Aurélie, l’ideatrice di questo fantastico progetto.
Capii subito che dovevo andare a vedere di persona il villaggio.
Ho accennato alla speranza perché è esattamente ciò che ho letto negli occhi di questa ragazza, più giovane di me, che si è caricata sulle spalle il peso di un progetto con un enorme messaggio.
Il villaggio vero e proprio è in fase di realizzazione, in un terreno di proprietà della sua famiglia. Da settembre ci sono 7 tiny houses posizionate in uno spiazzo, dietro uno studentato.
I primi inquilini si sono trasferiti nelle piccole case e sono molto soddisfatti.
Il caso volle che arrivai pochi giorni dopo la consegna di 2 nuove tiny houses, ancora da completare. Se fossero state allacciate alla corrente e all’acqua avrei volentieri dormito una notte in quell’angolo di mondo.
Perché associo questo progetto alla speranza per un futuro migliore?
Sappiamo tutti dei problemi legati al inquinamento, sappiamo che c’è un trend “green”, che vuol dire tutto e niente, sappiamo che c’è chi fa grandi battaglie per salvare questo pianeta.
Un villaggio in cui l’impatto ambientale viene abbattuto al minimo, in cui si sceglie di vivere in maniera realmente sostenibile, credo proprio possa dirsi una speranza per il futuro.
Ecco che arrivano i sorrisi, non mi sono dimenticata del motivo per cui sto raccontando questa storia, sfatare il mito che un ragazzo d’oggi è per forza frustrato, triste e con l’ansia del lavoro.
Continuiamo il racconto…
La Bretagna è veramente fredda, quella mattina c’era un vento fortissimo, per me, abituata a Roma, era come essere al polo nord!
Vidi le due nuove tiny house gemelle, ancora con il legno da trattare, con quel profumo di legno nuovo, l cartone sul pavimento per protezione e tutto nuovo di zecca. Appena entrata mi meravigliai dello spazio, nonostante progettare case è il mio mestiere, mi stupisco ogni volta della differenza tra il disegno e la realtà.
Quella piccola casa, con letto a soppalco, cucina su ambo i lati e infondo il bagno è veramente ampia, forse complice l’assenza dei mobili o la pulizia di una casa vuota, non so, mi innamorai subito.
Iniziai ad osservare ogni dettaglio, lo spigolo tra il tetto a falde e quello piano, il piccolo aeratore in cucina, lo scaldabagno che, a mio parere, era troppo in bella vista.
Insomma, da brava architetto, mi vennero in mente dei commenti sull’estetica.
Aurelié mi portò a visitare un’altra tiny house, questa volta una casetta con la sua storia, ha già 5 anni e il proprietario ha deciso di posizionarla nel villaggio.
Osservando l’esterno si capisce che ha qualche annetto in più delle sue vicine. Il legno è più scuro, inizia a subire i primi danni del tempo.
All’interno la disposizione è molto originale. Si entra da un piccolo portico che è un prolungamento di pavimento, pareti e tetto, molto carino e funzionale.
Li ci togliemmo le scarpe, buona pratica quando si vive in piccolo, per evitare di portare sporcizia all’interno.
Attraversando la porta a vetri il primo spazio che si ha, sulla sinistra, è la cucina e, di fronte, il piccolo bagnetto sul cui prolungamento c’è una seconda parte della zona della cucina.
Di fronte ci si trova un piano rialzato, con delle scalette laterali si accede alla parte superiore, un piccolo salottino, mentre, al di sotto, si trova un letto singolo e due piccoli armadi.
Entrando non ci si rende subito conto che sopra le proprie teste c’è un soppalco, al quale vi si accede con una scala a pioli che, quando non serve, è posizionata a parete.
Questo interno è decisamente originale, ma è pensato per una famiglia di tre persone, e per loro questa disposizione è molto funzionale.
Potei visitare un’altra tiny house, la prima che arrivò nel villaggio: Susy Tiny House. L’inquilino molto gentilmente mi raccontò la sua storia e mi permise di stare un po’ al calduccio, cosa che apprezzai tantissimo visto il freddo di quella mattina.
Sentii il racconto di questo ragazzo che aveva perso il lavoro e che, però, era contento di vivere da solo, in una piccola casa con le finestre su tutti i lati.
Mi venne da sorridere.
Mi colpi molto la storia di R. (chiamerò così questo ragazzo, per privacy), senza più un lavoro, alla ricerca di un altro, che però non è voluto tornare a casa dei propri genitori.
Ha scelto una soluzione che rispettasse i suoi valori, l’ecologia e la sostenibilità ambientale, l’autonomia.
Quando sei tra i 20 e i 30 anni ed esci di casa, anche per brevi periodi, ti rendi conto che l’indipendenza è quello che serve per diventare adulto e sentirti pienamente soddisfatto di te.
Le micro case sono un’opzione per raggiungere questo obiettivo. Con i risparmi che aveva R. è riuscito ad affittare la tiny house e non perdere la sua indipendenza.
Ho visto una persona rilassata e felice, mi ha incuriosito. Gli chiesi quali sono i problemi che avesse riscontrato nel vivere in uno spazio tanto piccolo.
Come in tutte le case, quando le si vive, si scoprono i piccoli inconvenienti del design.
Per un ragazzo alto, per esempio, il bagno è un po’ piccolo, soprattutto il lavandino da appoggio.
La cucina c’è un bancone pieghevole che però quando viene aperto limita i movimenti e si rischiano spigoli dolorosi nei fianchi. La porta di ingresso si apre proprio in direzione di questo piano e ostacola il passaggio.
In case di 20 metri quadri ogni elemento di ingombro, anche se temporaneo come una porta, può generare dei problemi negli spostamenti.
Come anche il verso di apertura della finestra sopra i fornelli, se aprendola il vapore del cucinato va tutto sul vetro, mi sa che non è comodissimo.
Ovviamente sbagliando si impara, credo che questi progetti più sono personalizzati sulle esigenze di chi li vivrà più diventano funzionali.
Ma questa tiny house ha anche molti pregi, una scala contenitore che sfrutta ogni spazio in maniera intelligente, un letto nel soppalco con un’altezza che, devo ammettere, è più comoda di quel che ci si può immaginare.
Un dettaglio che incornicia il panorama, che mi è molto piaciuto, è la finestra circolare. Posizionata sopra ad un divano contenitore, che diventa anche letto, con molto più spazio di stivaggio di quello che realmente serve.
Dopo due mesi in questa casa R. aveva ancora moltissimi contenitori e cassetti vuoti.
Sfatiamo l’ansia che “tutte le mie cose non ci entreranno mai!” è pura questione di priorità.
Il villaggio non è solo le tiny houses, ma porta con se un importante messaggio legato allo stile di vita che promuove.
Il nome di questo villaggio è TY VILLAGE, un’iniziativa che appoggio in pieno e che spero di poter riprodurre anche qui in Italia. (cliccate sul nome per accedere al loro sito)
L’innovazione, la voglia di creare legami, persone unite dai valori e che vogliono vedere il futuro meno grigio e forse un po’ più verde.
Riscoprire le origini, il mangiare sano, la condivisione e il rispetto.
In questo periodo di feste sono temi che ritroviamo, ma quante volte i gesti sono sinceri? I pensieri disinteressati?
Vedo in chi si appassiona alle tiny house una speranza, ma non per la scelta, forse un po’ folle, di vivere in spazi molto piccoli, ma perché cambiano il modo di vedere il mondo.
Quando cambi il tuo mindset scopri che la vita non è un correre dietro ad un lavoro per comprare oggetti inutili che non ti danno reale gioia. (Se vuoi iniziare a cambiare il tuo mindset e iniziare ad essere felice scarica l’ebook gratuito Mindset Tiny)
Grazie di aver dedicato del tempo a leggere questa mia storia e pensieri, un po’ deliranti, ti auguro di passare le feste e ogni giorno con le persone a cui tieni, di condividere con loro i momenti belli e anche quelli brutti.
Sii grato di quello che hai, viaggia con la mente aperta, spingiti oltre i tuoi limiti.
Fa paura, e una volta fatto il salto non potrai più tornare indietro, ma amerai il panorama di fronte a te!
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